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22.02.2017  |  Cultura

Fine vita e alleanza tra medico e paziente

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Si fanno sempre più pressanti gli appelli per una legge sul fine vita, ora in discussione alla Camera. L’intervento di Enzo Bianchi, fondatore della comunità di Bose, su la Repubblica di martedì 21 febbraio sottolinea la

necessità e urgenza che ai cittadini sia consentito di redigere un testamento biologico o una dichiarazione anticipata avente rilevanza legale che precisi le condizioni auspicate per il proprio fine vita.

Foto di ©Alberto Calcinai

In realtà, sostiene citando allocuzioni di Pio XII e il catechismo di Giovanni Paolo II, il confine “tra etica cristiana ed etica laica è davvero sottile e si può innestare da entrambe le parti la tentazione dell’ipocrisia che scatena il giudizio e la condanna”.

Perciò

risulta importante l’alleanza tra il paziente, il suo fiduciario, il medico e i familiari. Il malato non sia lasciato solo a decidere la propria sorte, ma interagiscano con lui innanzitutto il medico che può discernere con scienza e coscienza le reali possibilità di vita e morte del malato e poi i familiari… a cominciare da chi il malato ha eventualmente indicato come suo rappresentante. Un’alleanza nella quale il malato deve avere la priorità, con la sua sofferenza e il suo desiderio espresso anche anticipatamente e dove entrano in gioco la coscienza dei medici e dei familiari.

Alleanza terapeutica che Giorgio Cosmacini, membro del Comitato scientifico Vidas e autorevole docente di storia della medicina, indica da tempo quale punto essenziale della nuova normativa sul testamento biologico: “Il consenso informato – rilevava Cosmacini in uno scritto del marzo 2009 sul Sole 24 Ore, riportato nel nostro notiziario di dicembre 2009 – è quello dato dal paziente e ottenuto dopo l’assolvimento da parte del medico di un rapporto globale, tecnico e umano”. Non è una richiesta di una frettolosa forma, “ma un atto etico, non burocratico, finalizzato alla tutela dei bisogni e dei diritti del paziente e non all’autotutela di una tentazione professionale preoccupata dell’eventuale contenzioso giudiziario”.

Nessuno dovrebbe essere obbligato – conclude Enzo Bianchi il suo intervento – a redigere il proprio testamento o a tratteggiare la pianificazione anticipata delle cure, ma la legge sappia accogliere chi vuole dichiarare anticipatamente questa scelta, favorisca l’alleanza medico-paziente-fiduciario che lascia spazio alla coscienza e garantisca cure palliative di qualità accessibili a tutti, indipendentemente dal reddito e dal luogo di residenza.

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