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07.01.2014  |  Operatori

Raccogliamo storie di vite vissute e ne diventiamo silenziosi testimoni

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Raccogliamo storie di vite vissute e ne diventiamo testimoni silenziosi. Condivisioni intime regalateci non si sa per quale motivo. Un dono che poi ci portiamo nel cuore, che da senso al nostro agire e sottolinea l’importanza di saper ascoltare l’altro che racconta se stesso. Ecco l’esperienza di Paolo, volontario.

È mercoledì e il mio turno inizia verso le 13:00. Dopo essere entrato in alcune camere dove trovo gli ammalati che riposano, arrivo alla stanza Stella Alpina in cui è degente il signor Giovanni. I volontari del turno precedente mi hanno segnalato che la moglie gradisce la visita dei volontari.

Immagine tratta da "Pharmainfo.net"

La porta è socchiusa, si sente la televisione accesa, busso leggermente e appena mi affaccio la moglie del signor Giovanni, che è seduta sulla poltrona accanto al letto, mi invita, con un cenno della mano, a entrare, mi viene incontro, si presenta, e mi accompagna accanto al letto dove il marito sta seguendo il notiziario alla televisione.

Saluto il signor Giovanni, mi presento: “Paolo” e lui mi risponde con un sorriso; mi allunga la mano come avviene tra persone che si vedono per la prima volta. Gli occhi sorridono, la comunicazione avviene solo con il linguaggio del corpo; la mia mano destra stretta nella sua, la sinistra accarezza la testa; la sua risposta con gli occhi è il gradimento.

Sono sempre in piedi accanto al letto e dopo un breve silenzio la moglie incomincia a parlare, mi manifesta la loro soddisfazione di essere in Casa Vidas. L e faccio una domanda generica del tipo: “In quale zona della città vivete?”. Scopriamo di abitare a pochi minuti di distanza. Questa vicinanza fa scattare nella signora la voglia di raccontare. Con sorpresa mi fa partecipe di un’intimità tra lei ed il marito. La sera precedente nel salutarla le ha detto: “Sei ancora bella”. La signora è sorpresa di questa dichiarazione e in mia presenza chiede al marito: “Vero che ieri sera mi hai detto che sono ancora bella?” Il signor Giovanni fa fatica a capire, come si dice, debole di udito, la moglie gli ripete la domanda e lui annuisce, il suo volto si illumina e sorride.

La signora riprende a raccontare la loro vita che è stata semplice, scandita dal lavoro umile per entrambi: lui muratore, lei portinaia per 35 anni nello stesso posto dopo una prima esperienza come collaboratrice familiare. Nonostante il lavoro che copriva l’intera giornata, 7 giorni su 7, hanno comunque trovato lo spazio per coltivare la passione per l’opera. Per la loro prima uscita da fidanzati il signor Giovanni l’ha invitata ad assistere a un’opera alla Scala. La passione è stata coltivata per tutta la vita e per un lungo periodo il signor Giovanni ha fatto parte della clacque del tetro alla Scala (la signora commenta: “Un modo per assistere a degli spettacoli senza togliere alla famiglia”).

Il racconto prosegue parlandomi dei figli e delle relative famiglie, concludendo il racconto manifestando soddisfazione per quella che è stata la loro vita che ha avuto alti e bassi ma sostanzialmente piacevole.

Parlando della malattia del marito non manifesta disperazione, è molto dispiaciuta ma il disagio è mitigato dal fatto che la patologia del marito non gli procura dolore. Questa accettazione della fine naturale della vita trova un riscontro nel modo in cui mi raccontano un evento tragico della vita. Loro hanno due figli, ma tra i due la signora ha avuto un’interruzione di gravidanza a seguito di una caduta: era rotolata lungo una scala mentre svolgeva il proprio lavoro. L’evento, che al momento sembrava senza conseguenze, a distanza di due mesi provocò l’interruzione di gravidanza. Nel racconto dimostra di aver sofferto, ma di aver poi superato il trauma e nella sua semplicità conclude: “Dopo due anni è nata una bellissima bambina”.

La Signora mi saluta, si scusa per avermi trattenuto a lungo manifestando il desiderio di aver accanto ancora i volontari.

Il marito ha assistito al racconto della moglie alternando momenti di veglia ad altri di sopore; ogni volta che io o la moglie gli facevamo una carezza il suo volto si illuminava.

Sono uscito da quella camera molto sereno: un sentimento che mi hanno trasmesso i due signori, in particolare la moglie. Nonostante il disagio per la malattia vissuto con molta dignità ho avuto la sensazione che vivessero quel momento come la naturale conclusione di una vita che hanno percepito come bella.

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