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17.09.2012  |  Volontari

Un tesoro in questa stanza

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Come descrivere Marco in poche parole? Tre anni fa ha mosso i suoi primi passi in Vidas insieme a me, è un uomo che parla e ascolta con la testa e con il cuore… Come immaginavo è riuscito a mettere in parole l’emozione che abbiamo provato come testimoni di un momento poetico ed intimo.

Lui Angelo, nome fittizio, ospite in Casa Vidas, un bel signore sui settantacinque, la corporatura che dice di un passato robusto e forte. Lei Francesca, nome fittizio, moglie di Angelo, solida e pratica, sollecita e attenta ai mille dettagli della giornata che non passa mai, simile a mille mogli di pazienti anziani che noi volontari hospice incontriamo qui. Simili fra loro in quel dare le dimissioni da ogni richiesta propria, per appropriarsi in toto delle necessità del loro compagno. Se il marito quel giorno non mangia, non mangiano neanche loro. Francesca è una donna bella.

Angelo è seduto sulla sedia a rotelle; oggi è in ansia, esprime inquietudine in un idioma plasmato dalla malattia, nemmeno Francesca riesce a tradurre; vuole alzarsi, ma poi gli mancherebbero equilibrio e stabilità, ma lui è forte e pare preso dall’urgenza di andare a fare una certa cosa, e ce la dice pure, ma noi non la capiamo.

Francesca è sempre davanti a lui, gli asciuga la bocca, gli rassetta i capelli, gli parla in continuazione. Lei è la casa di Angelo dentro la casa Vidas.

Instancabile e positiva ogni volta che lui fa segno di volersi alzare in piedi, lei ne solleva il carico importante, con l’aiuto nostro ma neanche sempre, e lo issa davanti alla sedia. Attimi dopo Angelo vacilla, e allora dai, marcia indietro, lo ripone con delicatezza sulla sedia. Decine di volte.

Oggi Angelo ha mangiato pochissimo, è l’una passata, siamo in camera, Francesca ci lancia sguardi pieni di angoscia, di stanchezza, con noi può mollare la facciata solida e protettiva che offre a suo marito. Ma non c’è tempo per indugi, Angelo vuole lasciare la sedia, pare che voglia sdraiarsi sul letto, e così facciamo, aiutando Francesca che lo solleva e lo accompagna. Ora è sdraiato, il pasto di lei si sta freddando sul ripiano come la cosa più inutile di questo mondo. Qualche momento di calma e di silenzio ma poi subito Angelo decide che vuole alzarsi di nuovo, ha le sue ragioni, Francesca è pronta, gli parla, gli prende le braccia, cerca di dissuaderlo ma lui è determinato.

Si siede sul letto, lei lo aiuta a mettere le gambe giù, è in piedi davanti a lui, gli regge le mani, lui le cinge la vita con le braccia.

All’improvviso qualcosa cambia: seduto, con le braccia attorno alla vita di lei, lui adagia la testa, girata su un fianco, sul suo seno. Lei la accoglie e gliela abbraccia. Gli dice ancora qualche parola, ma poi entrambe tacciono. Noi due volontari, presenti in quel momento, facciamo istintivamente due passi all’indietro, per non profanare il loro spazio intimo. Si è stabilita una quiete silenziosa che dura a lungo. Una quiete che contiene l’intensità della vita intera. Questi due esseri umani abbracciati, le lacrime che finalmente rigano il volto di Francesca, la pace che torna a rilassare i tratti del viso di Angelo. Quanto amore, paziente, quotidiano, tenace, devono essersi dati per arrivare qui e trovare il tesoro immenso di questo abbraccio.

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